La Cassazione, con la sentenza n. 3596 dell’8 febbraio 2024, fornisce importanti chiarimenti sulla natura dell’assegno versato dal promissario acquirente al momento della firma del preliminare in una compravendita immobiliare e, quindi, sulle possibili conseguenze giuridiche. Viene chiarito che, affinché l’assegno venga considerato come caparra confirmatoria, è necessario che la sua natura venga esplicitata chiaramente; contrariamente verrà considerato mero deposito cauzionale. Nel caso di incasso da parte dell’agenzia, quindi, sarà quest’ultima il soggetto cui rivolgersi per ottenere la restituzione e non il promittente venditore.
Il promissario acquirente aveva citato il venditore dinanzi al Tribunale di Brescia per inadempimento, chiedendo il versamento del doppio della caparra confirmatoria versata. Quest’ultimo si era opposto, contestando di non aver ricevuto alcun pagamento in quanto gli assegni erano stati emessi a favore dell’agenzia immobiliare, e a suo dire era escluso che la somma versata costituisse una caparra confirmatoria. In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione all’acquirente. Tuttavia, in appello, la Corte territoriale aveva ridotto la condanna del venditore al pagamento di soli 20mila euro a titolo di restituzione della somma versata quale deposito cauzionale.
Il promittente venditore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Collegio di merito lo avesse erroneamente considerato legittimato passivo e ciò dal momento che la somma in questione era stata, in realtà, corrisposta alla mediatrice. Affrontando la relativa questione giuridica i Giudice di Legittimità gli hanno dato ragione, affermando che
“Nel caso di deposito cauzionale di una somma di denaro, collegato alla stipulazione di un preliminare di vendita, effettuato dal promissario acquirente in favore dell’agenzia di mediazione, senza che possa in alcun modo desumersi che essa abbia agito in rappresentanza del promittente alienante, l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo in ordine alla somma versata, di cui si rivendichi la restituzione, deve essere proposta verso l’agenzia di mediazione e non verso il promittente alienante, privo di legittimazione passiva”.
Cassazione, sentenza n. 3596, 8 febbraio 2024
Il giudice di secondo grado, si legge nella decisione,
“non dà alcuna contezza dell’esistenza di un potere rappresentativo della mediatrice ad incassare la somma contestata in nome e per conto del promittente venditore”. Sicché, prosegue, “difetta alcun elemento di collegamento che consenta di ritenere che, a fronte del dato pacifico del versamento di tale somma mediante assegno bancario intestato all’agenzia di mediazione, a titolo di deposito cauzionale da computare nel prezzo del rogito definitivo, la pretesa di ripetizione dovesse essere esercitata verso il promittente alienante”. Solo ove vi fosse stato uno specifico mandato all’incasso ovvero il conferimento di un espresso potere rappresentativo, dell’azione di ripetizione avrebbe dovuto rispondere il mandante o il rappresentato”.
Cassazione, sentenza n. 3596, 8 febbraio 2024
Nel caso concreto, invece, spiega la Corte, la somma risulta incassata dall’agenzia di mediazione, a titolo di deposito cauzionale, con la previsione che tale versamento sarebbe stato computato nella determinazione del prezzo complessivo da corrispondere al momento della stipula del definitivo.
“In mancanza di alcun riferimento, neanche implicito, alla circostanza che tale incasso, per il titolo dedotto (recte deposito cauzionale, a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante), avvenisse in nome per conto del promittente alienante – conclude la Cassazione -, il depositario doveva essere identificato direttamente nell’agenzia di mediazione, che avrebbe corrisposto la somma all’alienante al tempo della conclusione del contratto definitivo”.
Cassazione, sentenza n. 3596, 8 febbraio 2024